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La vinificazione in rosa

Porfidi quarziferi

Il colore nei rosati non indica in genere il tempo di maturazione, ma piuttosto la tecnica di vinificazione e il vitigno di partenza. La gamma dei colori è molto ricca di sfumature e nei vini giovani il rosa può andare dal rosa tenue, come i fiori di pesco al cerasuolo che ricorda il rosso delle ciliegie, al chiaretto che è il più intenso, quasi un rubino molto scarico. L'intensità del colore nei rosati è in genere un indicatore della tecnica di vinificazione utilizzata: i vini ottenuti per semplice pressatura avranno colori più chiari e tenui di quelli ottenuti per macerazione. Nel tempo i rosati tendono ad assumere colori e sfumature marroni che indicano in genere un’ossidazione o un’eccessiva maturazione e sono una caratteristica negativa solitamente dovuta a cattiva conservazione e a caldo eccessivo.

 

 

 

 

La caratteristica principale del rosato è l'aromaticità. Gli aromi di fiori e di frutta saranno le tipologie più frequenti, ma a seconda del vitigno potremmo sentire anche aromi vegetali di peperone, mallo di noce o foglia di ribes, e se il vino è stato in botte, anche aromi speziati e tostati. Gli aromi floreali più tipici nei vini rosati sono la rosa di macchia o la rosa canina, anche appassite, la violetta, il biancospino, il fiore di pesco, il gelsomino l’iris e altro ancora. Fra gli aromi fruttati spiccano la ciliegia, la fragola,il lampone, la pesca, il ribes, la mora, e agrumi quali arancio, mandarino, pompelmo.

 

 

 

 

 

La tecnica originale della vinificazione in rosa è la macerazione breve delle bucce sul mosto, esattamente come per un vino rosso, consentendo il contatto per un tempo più breve. In questo modo si conferisce al vino anche una maggiore struttura a causa dei tannini che vengono estratti dalle bucce. Il tempo normalmente impiegato per la macerazione è di circa 6-12 o 24 ore. Poi si procede come per la vinificazione in bianco.

La tecnica dell'assemblaggio è meno suggestiva e spesso ottiene una qualità inferiore. L’unione di vini bianchi e rossi in Italia viene spesso utilizzata per vini di poco conto, ma vi è anche un' eccessiva demonizzazione del fenomeno. Se infatti si uniscono vini ottimi si ottiene anche un ottimo risultato come avviene in molti vini della champagne senza che nessuno gridi allo scandalo. Certo il rosé da vinificazione in rosa o il rosée de saignée sono più raffinati e sanno raggiungere le più alte vette del gusto, ma prima di essere mal giudicati i tagli o, alla francese, "les coupages" vanno degustati con attenzione.

 

 

 

 

Molto antica e simile alla prima tecnica, sebbena priva di una vera e propria macerazione, è la pressatura soffice delle uve a bacca rossa. In questo modo si conferisce al mosto un colore piuttosto tenue per poi separarlo immediatamente dalle bucce.

Questa antica tecnica veniva già descritta in epoca romana e la ritroviamo nei testi del 1549 di Sante Lancerio, bottigliere di Papa Paolo III Farnese. Scriveva nelle sue memorie sul vino rosato: «... si domanda lagrima perché alla vendemmia colgono l'uva rossa et la met¬tono nel Palmento. Et quando è pieno, cavano, innanzi che l'uva sia ben pigiata, il vino che può uscire, et lo imbottano. Et questo domandano lagrima, perché nel vendemmiare, quando l'uva è ben matura, sempre geme. Il vino migliore veniva da Somma, ma era sovente falsificato con una mescolanza di vini bianchi e rossi».

E’ una precisa definizione del vino rosato che è calzante ancora oggi.